PROPOSTA EDITORIALE GRANO NEL DESERTO
Un
mattino dell'aprile 1946, viaggiando tra le montagne della Valle
Susa, pensavo alla tragedia della guerra da poco terminata. Sul mio
cammino se ne scorgevano, uno dopo l'altro, i segni.
Mentre
il treno si avvicinava al paese dove lavoravo, stavo meditando sul
triste destino dell'umanità e consideravo che non sarebbe passato
molto, venti – trenta anni al massimo, poi le rinnovate energie
dell'uomo si sarebbero nuovamente scaricate in una nuova, gigantesca
tragedia.
Possibile
non poter indirizzare le forze e l'intelligenza umana verso una
grande opera di pace, verso qualcosa di fecondo, qualcosa che potesse
dare frutti, sia pure con soddisfazione del desiderio di avventura e
di ignoto che muove i nostri animi primitivi ?
Perché
mi ero reso conto che gli uomini amano la guerra, che è bello
marciare insieme cantando, tirare al bersaglio sui propri simili,
andare verso l'ignoto, rischiare la morte ogni minuto.
Pensai
che qualunque impresa umana, anche costosissima, anche pazzesca,
sarebbe stata meglio che un'altra guerra, l'integrale bonifica del
Sahara, per esempio !
Quell'idea
divenne, per me, un'ossessione, pensai di farne partecipi gli altri,
con i mezzi a mia disposizione.
Pensai
di scrivere un romanzo in cui si esaltasse il lavoro umano,
immaginando un mondo che, pur tra lotte e passioni, avesse una meta
davanti a sé, degli ideali degni, tali da giustificare una vita e
tutti i sacrifici necessari per realizzarla.
Immaginai,
così, un rozzo bracciante siciliano, Valente, dagli eventi sbattuto
nel cuore del Sahara deserto, attorno ad una trivella che cerca
l'acqua a enorme profondità nel sottosuolo.
Aridi
come il deserto sono i cuori degli operai di ogni nazionalità che
lavorano attorno alla trivella, le loro passioni sono violente
Nel
mio lavoro, che vide la luce undici anni dopo, nel 1957, edito da
Cappelli di Bologna, sotto gli auspici di Bonaventura Tecchi,una
ribaltella della copertina dice:
L'Autore
immagina come in atto una gigantesca opera di bonifica del Sahara, e
in essa inserisce l'emozionante vicenda di un giovane emigrante
siciliano, tenace, coraggioso, capace di superare difficoltà
naturali e ostilità umane.
Egli
esce vittorioso da drammatiche vicende, si fissa sul terreno
fertilizzato dall'acqua, resiste a una dura vita di pioniere in una
fattoria da lui creata, prima solo con la sua donna, poi con la
famiglia cresciuta e giunge a tarda età come un biblico patriarca
sulla terra da lui redenta, resa fertile e ricca dal suo lavoro e
dal lavoro dei figli e nipoti, che lo venerano.
Il
racconto è affascinante per il colore dell'ambiente, reso con
esperto realismo e per il senso di forza virile, di vigore morale che
lo ispira.
Discreto fu il numero delle copie vendute, soddisfacente quello delle
recensioni, in gran parte dovute all'amicizia del grande scrittore
ormai da anni scomparso.
A quasi sessant'anni di distanza, l'auspicio già allora non proprio
utopistico, sta diventando oggi di stretta attualità come elemento
di rottura nei confronti di una mentalità sempre più corrotta,
rotolante come una insensibile frana, verso il baratro con cui la
metastasi del terrorismo islamita ha iniziato la terza guerra
mondiale.
Nelle intenzioni dell'autore, evidenziando il ricordo dell'esempio di
San Francesco che tentò il primo colloquio col Saladino, come già
per altri errori storici, noi, la cristianità, (religiosa e laica),
dovremo solennemente riconoscere i difetti di una storia secolare ed
iniziare una CROCIATA DI PACE al di fuori e nel rispetto delle
diverse interpretazioni del monoteismo, con grandi opere come quella
ipotizzata nel mio vecchio lavoro che vorrebbe suscitare una sia pur
sottile fiammella, capace forse di alimentare un grande calore di
rivolta verso un sistema di abominevole lassismo che è la causa
scatenante dei furori dei poveri individui incapaci di uscire dalla
preistoria.
Ma ci vuole un importante editore che sappia fare propri
questi sentimenti e voglia diffondere queste aspettative. Mentre è
in preparazione l'edizione francese ( Blé dans le désert ) che
tende a fare dei due popoli latini il fulcro della rinascita
dell'Africa Sahariana, qualcheduno, EBBENE, SI FACCIA AVANTI !
ENRICO BERIO e.berio@alice.it